Pozzo di San Patrizio, Orvieto (TR)
- Percorsinellignoto
- 15 feb 2020
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"In me esiste al fondo di un pozzo un pertugio di luce verso Dio. Là, molto in fondo alla fine. Un occhio fabbricato nei cieli" Fernando Pessoa
Uno straordinario capolavoro di ingegneria rinascimentale realizzato per l'approvvigionamento idrico della città in caso di assedio o calamità naturali. Venne realizzato dall'architetto Antonio da Sangallo il Giovane tra il 1527 ed il 1537 su commissione di papa Clemente VII. Il pontefice, scampato al Sacco di Roma, perpetrato dalle orde di lanzichenecchi al soldo dell'imperatore Carlo V, voleva tutelarsi in caso di un eventuale accerchiamento da parte di eserciti nemici di Orvieto, località in cui era riparato. I lavori si conclusero durante il pontificato di Paolo III. La struttura cilindrica ha due porte di ingresso, opposte l'una all'altra, che permettono l'accesso a due scale elicoidali di duecentoquarantotto gradini progettate in modo da non incontrarsi. Pertanto chi si recava verso il fondo con i muli per approvvigionarsi di acqua non poteva intralciare il cammino di chi risaliva in superficie dopo essersi rifornito del prezioso elemento. Anticamente conosciuto come "Pozzo della Rocca" per la prossimità con la roccaforte edificata nel 1364 per volere del cardinale Egidio Albornoz, prese il nome di pozzo di San Patrizio solo nell'ottocento, per l'analogia con la profonda voragine nella caverna di un'isoletta del lago irlandese di Derg, dove il santo evangelizzatore d'Irlanda, vissuto tra il IV ed il V secolo, si raccoglieva in preghiera, idealmente in contatto con il mondo ultraterreno. Nei secoli scorsi in questo pozzo si recavano abitualmente in meditazione i monaci dell'ordine mendicante dei Servi di Maria, stabilitisi a Orvieto già nel XIII secolo. La discesa nelle viscere della terra, il contatto con l'acqua purificatrice e la successiva ascesa all'esterno erano metafora del viaggio delle anime del Purgatorio verso la grazia divina. Il pozzo è decisamente un' opera straordinaria; profondo cinquantaquattro metri, largo tredici e illuminato da settanta finestroni è interamente scavato nel tufo. All'ingresso della struttura è posta una lapide che recita "QUOD NATURA MUNIMENTO INVIDERAT INDUSTRIA ADIECIT" ossia "ciò che non aveva dato la natura procurò l'industria" a celebrare l'ingegno umano di fronte all'avversità della Natura.
In copertina "Ascesa all'Empireo", di Hieronymus Bosch, 1500-1504
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