"Noi esseri umani che siamo? Spettri, impalpabile ombra."
Sofocle
Situata alle pendici della rupe di Orvieto, la necropoli di Crocefisso del Tufo rappresenta uno straordinario esempio di "città dei morti." Deve il nome ad una vicina chiesa rupestre nella quale è presente un crocifisso cinquecentesco scolpito nel tufo. La necropoli venne utilizzata dall’VIII al III secolo a.C. Risale al periodo di massimo sviluppo (tra il VI ed il V secolo a.C.) la pianificazione a isolati. Le tombe quadrangolari “a dado” sono infatti perfettamente allineate su direttrici ortogonali con criterio urbanistico. Sono costruite con blocchi squadrati di tufo e si presentano internamente a pianta rettangolare. Il piano pavimentale è leggermente inferiore a quello stradale, vi si discende normalmente tramite tre gradini. Il piano calpestabile è in polvere di tufo o più semplicemente in terra battuta. All’interno sono presenti delle banchine addossate alle pareti. Su di esse era riposto il corredo funerario dei defunti ed eventualmente le urne cinerarie. Il culto etrusco dei morti prevedeva che all'atto della sepoltura i deceduti avessero a disposizione un ricco corredo (vestiario, suppellettili, gioielli, vasellame ecc.) per affrontare la vita ultraterrena. Le tombe erano sigillate con lastroni di tufo posti sull’ultimo gradino e poggianti sull’architrave interno. I defunti, solitamente due, erano sia cremati, e conseguentemente conservati in urne cinerarie, sia inumati. Le tombe sono prevalentemente monofamiliari; sugli architravi degli ingressi sono ancora ben visibili i nomi delle famiglie di appartenenza. Spesso le iscrizioni presentano la formula “io sono di…” seguita dal nome della famiglia che ne aveva il possesso.
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