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Museo Egizio di Torino

Aggiornamento: 15 feb 2020


"La strada per Menfi e Tebe passa per Torino" Jean Francois Champollion


Il Museo Egizio e il mistero delle origini di Torino Forse un misterioso legame unisce il capoluogo piemontese all'antica civiltà egizia fin dalla notte dei tempi. Secondo una leggendaria ricostruzione presente negli scritti dello storico Filiberto Pingone (1525-1582) ,e successivamente ripresa dall'autore Emanuele Thesauro (1592-1675), le origini di Torino sarebbero strettamente collegate all'antico Egitto. Circa quindici secoli prima di Cristo il principe egizio Iw Ra Danit, a seguito di gravi contrasti con la casta sacerdotale, decise di abbandonare definitivamente il proprio paese e di imbarcarsi nel Mediterraneo con i propri fedelissimi alla ricerca di una nuova terra. Dopo aver costeggiato la Grecia e l'Italia meridionale, si spinse fino alle coste dell'odierna Liguria, proseguendo poi verso l'entroterra. Si stabilì quindi in un fertile lembo di terra dove confluivano due fiumi (gli attuali Po e Dora Riparia). Assunse il nome di Eridano e, una volta assoggettate le popolazioni locali, fondò una città nella quale introdusse il culto della dea Iside e del dio Api, notoriamente raffigurato con le fattezze di un toro, ad essa strettamente legato. Il regno del principe egizio nella sua nuova patria fu però breve. Durante una corsa di quadrighe cadde rovinosamente nelle acque del fiume Po dove morì annegato. Da quel giorno il fiume, sacro per i coloni venuti dall'Egitto, prese il suo nome. La fine del principe egizio richiama la narrazione mitologica della morte di Fetonte, precipitato a seguito della corsa forsennata alla guida del carro solare. La leggendaria origine egizia di Torino, in qualche modo "avvalorata" dalla scoperta nel 1567 di una iscrizione in marmo con una dedica alla dea Iside proprio nel sottosuolo torinese, affascinò i Savoia. Gli albori regali della città piemontese, diventata nel frattempo capitale del principato sabaudo, offrivano prestigio all'ambizioso casato. E forse non è un caso la grande passione dei Savoia per l'egittologia. La preziosa e vasta collezione di reperti archeologici dell'antico Egitto appartenuta all'ex casa reale, iniziata nel lontano 1628 da Carlo Emanuele I con l'acquisto della celebre "Mensa Isiaca", è difatti all'origine del Museo Egizio che per importanza è secondo solo a quello del Cairo.


Nell'immagine, dettaglio del Libro dei Morti di Kha, XVIII dinastia (1428-1351 a.C.) Proveniente dalla Tomba di Kha, capo architetto al servizio del faraone Amenhotep III, questa versione del Libro venne trovata arrotolata nel sarcofago intermedio del defunto. Il Libro dei Morti era un testo molto complesso, scritto in geroglifici, che si snodava su di un lungo papiro. Era indispensabile al corredo funebre di sovrani, sacerdoti e alti dignitari di corte. Esso era un vero e proprio formulario magico a cui il trapassato doveva attenersi per percorrere correttamente il proprio viaggio nell'oltretomba. Nel capoverso si può ammirare la raffigurazione del "Ba" ossia l'anima del defunto, immaginata come un uccello dalla testa umana. Si credeva che questa volasse liberamente nelle necropoli, tanto che in alcune di esse venivano allestiti bacini di acqua artificiali nei quali il Ba avrebbe potuto abbeverarsi.

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