"Sotto tortura dici non solo quello che vuole l'inquisitore, ma anche quello che immagini possa dargli piacere, perchè si stabilisce un legame, questo sì, veramente diabolico, tra te e lui..."
Umberto Eco (Il nome della rosa)
La tortura corporale venne utilizzata, fin dagli albori della storia, per estorcere agli imputati, raramente ai testimoni, una confessione o qualsiasi altra dichiarazione utile al fine di un procedimento giudiziario. Dall'antichità classica, fino in pratica al XIX secolo, la coercizione fisica era ritenuta un valido strumento di indagine istruttoria più che una vera e propria pena corporale. Quest'ultima era comunque prevista in tutta una serie di reati che solitamente non comportavano la pena capitale. Nel Medioevo e nel Rinascimento la tortura ebbe ampia diffusione in tutta Europa. L'utilizzo di strumenti e metodologie particolarmente efferate la rese sempre più efficace. Nelle oscure segrete delle carceri veniva praticato ogni sorta di supplizio per estorcere confessioni che erano ritenute prove madri di colpevolezza. La tortura era utilizzata indiscriminatamente dai detentori del potere giudiziario, di volta in volta nobili e feudatari, soprattutto contro ribelli ed avversari politici, e, in misura minore, anche dalla Santa Inquisizione nella lotta contro gli eretici. Il progressivo abbandono della tortura avverrà solamente a partire dal XVIII secolo con l'avvento dell'Illuminismo. Il primo monarca ad abolire i supplizi corporali fu Federico II di Prussia nel 1740, mentre nel 1816 papa Pio VII, motu proprio, li abolì definitivamente con la stesura di un nuovo codice di procedura civile.
In copertina "Valenza Gradenigo davanti agli inquisitori", di Francesco Hayez
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