"Altra cosa che ritengo vera è che le streghe vengano veramente trasportate da un luogo a un altro a opera del Diavolo, il quale sotto le sembianze di una capra o altro animale fantastico, le trasporta al sabba e assiste alle oscenità che commettono"
Francesco Maria Guaccio (Compendium Maleficarum)
L'attuale forma barocca di questa imponente chiesa risale al 1726. Venne infatti ricostruita sulle fondamenta di un antico edificio ecclesiastico, eretto nel lontano 1274, di cui rimane oggigiorno solo il campanile e la cappella Canani. Fino all'inizio del secolo scorso, antistante la chiesa, sorgeva un convento domenicano ormai demolito e solo in parte riutilizzato. Il complesso ecclesiastico di San Domenico fu per secoli la sede ferrarese del tribunale della Santa Inquisizione. Pertanto in questo luogo si svolgevano le istruttorie e i processi. Le esecuzioni capitali avvenivano nella pubblica piazza di fronte alla chiesa, come severo monito a tutta la popolazione. A Ferrara l'Inquisizione era presente già nel XIII secolo. La sua giurisdizione era estesa su tutto il territorio dello stato estense. A partire dal 1598, con il passaggio di Ferrara allo Stato Pontificio, il tribunale ecclesiastico ridusse la propria competenza alla sola città ferrarese. Abolito dai napoleonici sul finire del '700, venne ripristinato, a seguito della Restaurazione, nel 1815. Verrà definitivamente soppresso nel 1860 con l'annessione di Ferrara al Regno d'Italia. Nella Biblioteca Ariostea è tutt'oggi custodito un prezioso manoscritto: il "Libro de' giustiziati in Ferrara". Il documento copre un arco temporale che va dal 1441 al 1577, ossia dal periodo in cui il Ducato fu governato da Niccolò III fino alla signoria di Alfonso II, ultimo signore di Ferrara prima del passaggio della città allo Stato Pontificio. Nel manoscritto sono minuziosamente documentate le 853 condanne a morte eseguite in questo lasso di tempo. Di queste molte in realtà furono comminate per reati comuni e solo ventidue tra i condannati al patibolo erano donne e di queste solamente due arse sul rogo per stregoneria. Come noto era la giustizia civile a rendere esecutive le sentenze emesse dal tribunale ecclesiastico che, evidentemente, nel caso del gentil sesso si dimostrò abbastanza magnanimo. Tra i processi condotti a Ferrara dal tribunale dell'Inquisizione quello al mago Benato assunse contorni leggendari. Lo sventurato fu trascinato di fronte al Santo Uffizio con l'accusa di praticare magia nera in combutta con forze occulte. Ritenuto colpevole di aver compiuto maléfici sortilegi ai danni di Leonello d'Este, signore di Ferrara dal 1441 al 1450, venne condannato al rogo. Ma appena le fiamme terminarono di consumare le spoglie del presunto mago, si verificò un violento terremoto interpretato dai ferraresi come riprova dell'ira infernale. Secondo una nota leggenda, i misteriosi segni sulla pietra alla base della colonna di destra dell'entrata laterale dell'edificio, sarebbero le zampate del diavolo furente per la condanna di alcuni suoi adepti. Un'altra versione vorrebbe che il demone scagliò furibondo i propri zoccoli contro l'edificio religioso a causa della confessione e della conseguente abiura di un suo accolito. Il demone in questione, di nome Magrino, era un essere infido e dall'aspetto deforme, evocato per errore da Bartolomeo Chiozzi, celebre ingegnere idraulico vissuto nel XVII secolo. Bartolomeo, soprannominato "mago chiozzino" per il suo straordinario acume, aveva materializzato il demone leggendo incautamente un libro di formule magiche. Da quel momento non ebbe più la possibilità di liberarsene ma al contempo ebbe in cambio successi e onori. Pentitosi del misfatto e terrorizzato al pensiero di dover un giorno rendere la propria anima al diavolo, il Chiozzi confessò tutto ai domenicani che lo esorcizzarono liberandolo dal patto diabolico. Magrino, sentendosi pertanto raggirato, non poté fare altro che sfogare la propria rabbia scalciando contro l'ingresso di San Domenico, lasciandone gli inequivocabili segni.
In copertina "Il grande caprone" di Francisco Goya, 1798
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