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Il rogo di Margherita e Polissena, le streghe di Lucca

  • Percorsinellignoto
  • 9 mar 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 2 apr 2020


"Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle."

Voltaire


Margherita di San Rocco e Polissena di San Macario erano indubbiamente due donne molto particolari, riconosciute da tutti come guaritrici ed herbarie. Si credeva che curassero con misteriosi infusi di erbe ogni sorta di malanno e che fossero in grado di sconfiggere il malocchio. Questo le rendeva rispettate e temute, ma non le mise al riparo da un comune tragico destino; poiché si riteneva che chi era in grado di annullare i malefici era anche in potere di procurarne. A seguito di sospetti e dicerie, furono infatti ben presto incriminate con l'accusa di praticare la stregoneria. Polissena, dopo una grave crisi epilettica, venne ritenuta una strega, anche perché, come lei stessa ammise, risvegliarla o spostarla le avrebbe fatto "più male che bene". Questa ingenua ma sincera ammissione venne riconosciuta come "prova" di una trasmigrazione dell'anima della donna che, abbandonato il corpo, si sarebbe diretta verso un incontro sabbatico con il Maligno. Paura, superstizione ed una diffusa misoginia nei confronti delle donne ritenute troppo indipendenti e fuori dagli schemi, contribuirono a creare un clima di persecuzione. Polissena venne così condotta, sul finire di giugno del 1571, di fronte al giudizio del podestà di Lucca e al Consiglio degli Anziani che non tennero minimamente conto del fatto che la donna soffrisse di epilessia. Sottoposta per giorni al supplizio della corda e privata del sonno, la sventurata crollò, confessando tutto quello che i suoi aguzzini pretendevano che dicesse. Ammise di aver compiuto ogni sorta di maléfici sortilegi avendo ereditato da una zia il potere delle arti magiche. Confessò di avere la capacità di recarsi al Sabba trasformandosi in una gatta lasciando il proprio corpo in casa. La stessa sorte toccò anche a Margherita. Additata come strega e maliarda venne arrestata e sottoposta a tortura. Anch'essa parlò di misteriosi viaggi notturni non nel corpo ma nello spirito. Durante il processo testimoniò la propria vulnerabilità durante queste esperienze sciamaniche, affermando che se il suo corpo fosse stato rivolto con la faccia a terra lo spirito non sarebbe più stato in grado di ricongiungersi ad esso. Anticamente si credeva infatti che l'anima fuoriuscisse dalla bocca e in caso di morte di sospetti vampiri o streghe, i cadaveri venivano seppelliti in posizione prona per evitarne il ritorno tra i vivi. Il tribunale laico non ancora soddisfatto delle confessioni continuò a sottoporre le due donne al supplizio della corda e del fuoco. Devastate nel corpo e nello spirito le sventurate confessarono di aver ucciso molti bambini succhiando loro il sangue, di aver causato una moria di bestiame e di essersi unite carnalmente al Demonio. Il 2 ottobre il tribunale pronunciò l'inesorabile sentenza di condanna a morte sul rogo. Il giorno 13 dello stesso mese, fu l'epilogo di questa tragica vicenda. Margherita e Polissena vennero condotte nella pubblica piazza di San Michele, legate a un palo, strangolate e date alle fiamme. Il martirio delle due donne fu molto condizionato dal clima politico di quel periodo storico. L'eccessivo zelo e il conseguente feroce accanimento del tribunale di Lucca risentiva del timore di un intervento di Roma per imporre, in una città percorsa da una forte corrente riformatrice, la presenza della Santa Inquisizione. La condanna a morte di Margherita e Polissena doveva perciò dimostrare la solerzia e l'implacabilità del tribunale lucchese ancor più di quelli ecclesiastici, per garantire la piena autonomia della Repubblica di Lucca dall'interferenza della curia romana.


In copertina "Margherita al Sabba" di Pascal Dagnan-Bouveret, 1912

 
 
 

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