"L'uomo ne ha paura (degli spiriti dei morti) perché sente istintivamente che essi sono angeli e ministri di morte che sorvolano su di lui, pronti a carpirne l'anima per portarla nel mondo sconosciuto dell'oltretomba".
James George Frazer (La paura dei morti nelle religioni primitive)
Capo Colonna è una piccola penisola alle porte di Trani. Qui, affacciato sul mare, si trova l'antico monastero medievale di Santa Maria di Colonna. Secondo tradizione la sua chiesa, risalente al X secolo, venne edificata, in stile romanico pugliese, sui resti di un tempio pagano. In effetti questo lembo di terra risulta popolato fin dalle epoche più remote. Ne sono riprova gli scavi archeologici che hanno riportato alla luce resti di strutture murarie e numerosi reperti, soprattutto vasellame in ceramica, riconducibili alla civiltà degli Iapigi, popolo di origine illirica diffusosi nella Puglia centro-meridionale tra il IX e l'VIII secolo prima di Cristo. La presenza di una struttura circolare in pietra, assimilabile ad un tempio, fa supporre che quest'area fosse ritenuta sacra. Ma ciò che negli anni scorsi ha creato sconcerto tra gli studiosi, è stato il ritrovamento di due sepolture assolutamente anomale databili all'età del Ferro. Nella prima sono stati rinvenuti tre scheletri maschili, due di individui adulti e uno di adolescente, collocati in posizione prona, e non supina come da consuetudine. Su ognuno era stato inoltre posizionato un grosso masso di pietra arenaria. Nella seconda sepoltura è stato scoperto un unico individuo di sesso maschile in età adulta anch'esso sepolto in posizione prona e gravato da un macigno. Tutti e quattro gli scheletri hanno evidenziato inequivocabili segni di traumi pre e post mortem. Entrambe le sepolture erano sigillate da pesanti lastroni di pietra posizionati a circa un metro al di sopra del terreno di copertura delle fosse. Queste particolarissime tumulazioni sono finora tra le uniche riconducibili all'epoca preistorica riscontrate nell'area italiana. Gli individui sepolti a Capo Colonna erano evidentemente vittime di riti sacrificali o reietti, temuti da tutti e colpiti da una sorta di maledizione inferta loro dalla comunità. Lo riprova anche il fatto che le loro sepolture erano del tutto prive di corredo funerario. Le pesanti pietre che gravavano sui cadaveri, sigillandone per sempre le tombe, servivano chiaramente ad impedire il loro ritorno nel mondo dei vivi. Uno sconcertante rituale a dimostrazione della paura ancestrale del risveglio dei morti insoddisfatti e bramosi di vendetta. Un timore ampiamente diffuso tra i popoli dell'area mediterranea, antichi romani compresi, che, nel caso di questo tipo di sepolture, acquisiva dei contorni di autentico terrore motivato dall'idea di un possibile ritorno degli spiriti dei morti sotto forma di demoni o entità malvagie, portatrici di morte e sventura. Questa paura atavica, presente pressoché in tutte le culture, risulta traversale ad ogni epoca, fino agli albori dell'era moderna. Nel Medioevo il timore necrofobico di un ritorno degli spiriti dei morti inquieti e addirittura del possibile risveglio dei loro corpi si diffuse in tutta Europa. I cadaveri dei suicidi, delle presunte streghe, i corpi dei deceduti di morte violenta senza aver ricevuto i conforti religiosi, gli insepolti e in generale tutti i "morti particolari" erano visti con diffidenza e paura. I metodi per scongiurarne il ritorno erano i più vari. I cadaveri sospetti venivano spesso preventivamente decapitati, sottoposti a mutilazioni o addirittura inchiodati alle casse e inumati proni con il viso verso terra. Nei casi in cui il timore di un ritorno di un defunto fosse successivo al decesso (come per i sospetti vampiri o i primi morti di contagi sconosciuti) i loro cadaveri venivano riesumati e dati alle fiamme.
"I demoni che provocano la morte altro non erano in origine che gli spiriti degli uomini morti, che per una ragione o per l'altra hanno assunto una natura decisamente malvagia".
Rafael Karsten
Nel Medioevo la convinzione di un possibile ritorno dei morti inquieti, tanto nello spirito quanto addirittura nel risveglio del corpo fu particolarmente diffuso. Ne sono una riprova, tra le altre, le sconcertanti cronache di William di Newburgh, canonico agostiniano inglese vissuto nel XII secolo o gli scritti dello storico gallese Walter Map, vissuto a cavallo tra il XII ed il XIII secolo. Entrambi autori di raccapriccianti resoconti di episodi di ritorno dei morti dall'oltretomba con il proposito malvagio di tormentare i vivi. In area germanica era molto diffusa la convinzione che i morti mangiassero nelle loro tombe. Si credeva che divorassero il sudario nel quale erano avvolti, se non addirittura le proprie membra. I "morti particolari" ossia: i suicidi, le presunte streghe, i posseduti, gli insepolti, i nati morti e i deceduti senza il conforto della religione erano visti con particolare sospetto se non con autentico terrore. Le lugubri pratiche di mutilazione dei cadaveri e la loro sepoltura anomala erano deterrenti al loro possibile ritorno dall'oltretomba. Nella teologia cristiana è nettissima la distinzione tra il corpo, inevitabilmente destinato al disfacimento causato dalla morte, e l'anima, che è ritenuta immortale. Perciò i revenants (redivivi) non erano che cadaveri tornati in vita perché posseduti da forze demoniache. Queste superstizioni contribuirono senz'altro ad originare le lugubri leggende sui vampiri che, come noto furono diffusissime nell'Europa orientale ed in particolar modo nell'area balcanica.
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