“Tutti gli enigmi non sono tali se non perché debbono venire sciolti”
Alfredo Oriani
Capolavoro barocco, la chiesa sorge nell’omonima piazza cuore del centro storico partenopeo. Fu edificata sull’antico palazzo nobiliare Sanseverino, realizzato nel 1470 dall’architetto Novello da San Lucano su commissione del nobile Roberto Sanseverino principe di Salerno, esponente dell’alta aristocrazia cittadina. Nel 1552, in seguito alla caduta in disgrazia dei Sanseverino, che si erano fermamente opposti all’introduzione a Napoli dell’inquisizione spagnola, il palazzo venne confiscato su disposizione del viceré Pedro di Toledo. Nel 1584 fu acquistato dalla Compagnia di Gesù (secondo alcune fonti storiche ricevuto in donazione). Sul finire del XVI secolo i Gesuiti fecero completamente ristrutturare il palazzo riadattandolo a chiesa il cui aspetto esteriore si è conservato fino ad oggi. Dell’originario palazzo nobiliare rimase intatta unicamente la splendida facciata a bugne ed il portale marmoreo. Responsabili del progetto furono gli architetti Giuseppe Valeriano e Pietro Provedi. La chiesa venne aperta al pubblico nel 1597 e definitivamente consacrata nel 1601 all’Immacolata Concezione. Nonostante la consacrazione alla Vergine l’edificio prese il nome popolare di “Gesù Nuovo” per distinguerlo da una più antica chiesa denominata “Gesù Vecchio”. Nel XVIII secolo, a seguito del decreto di espulsione emanato dal Regno di Napoli nei confronti della Compagnia di Gesù, Ferdinando I di Borbone consegnò la chiesa ai Francescani, che nel 1767 la intitolarono alla Trinità Maggiore. Nel 1821 tornò nuovamente in possesso dei Gesuiti conseguentemente al rientro dei Borboni a Napoli dopo la parentesi della dominazione francese. Come accennato precedentemente la particolarità della facciata è lo stile architettonico a bugne (sorta di piccole piramidi), una tecnica utilizzata molto spesso nel periodo rinascimentale per dare maestosità ai palazzi. In questo caso le bugne sono in piperno, una durissima pietra di origine vulcanica molto utilizzata a Napoli, la cui lavorazione era affidata ad artigiani particolarmente esperti. Un attento osservatore noterà che nelle bugne sono incisi in successione strani simboli la cui interpretazione è rimasta per secoli avvolta nel mistero. Nel Rinascimento si riteneva che i maestri scalpellini specializzati nella lavorazione del piperno fossero depositari di conoscenze esoteriche se non addirittura alchemiche. Il principe Sanseverino ne era probabilmente convinto e si dice che chiese agli artigiani di incidere sulla facciata del proprio palazzo un criptico codice “magico” al fine di convogliare energia positiva verso l’interno dell’edificio. Ma, volutamente o meno, i pipernieri posizionarono le pietre in modo errato ottenendo l’effetto contrario. Da ciò deriverebbero le nefaste vicissitudini subìte dall’edificio: gli incendi, i numerosi crolli, la caduta in disgrazia della dinastia dei Sanseverino, la cacciata dei Gesuiti e per ultimo il devastante bombardamento aereo alleato durante la Seconda guerra mondiale. Circa dieci anni fa è stata data forse una soluzione definitiva dell’arcano. Lo storico dell’arte Vincenzo De Pasquale ha riconosciuto nei misteriosi segni alcune lettere dell’alfabeto aramaico (la lingua correntemente parlata in Terra Santa al tempo di Gesù). Per la precisione sono sette e si ripetono ritmicamente. Grazie alla consulenza dei musicologi ungheresi Lòrànt Rez e Csar Dors si è scoperto che corrisponderebbero alle note musicali. Leggendole al contrario, ovvero da destra verso sinistra e dal basso verso l’alto, si ottiene un concerto per strumenti a plettro a cui è stato dato il nome di “Enigma”. La facciata della Chiesa del Gesù Nuovo risulterebbe pertanto un enorme spartito musicale nel quale, scolpito nella pietra, si celerebbe una melodia evocativa della benevolenza divina. Di parere contrario lo studioso Stanislao Scognamiglio che ritiene che i misteriosi segni siano viceversa assimilabili ad antichi simboli utilizzati nei laboratori alchemici.
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