“Se volgiamo indietro lo sguardo, esso cade su sepolcri e ruderi, sopra un campo di rovine…Presto gli apparterremo: il tempo ci oltrepassa”
Ernst Junger
Consacrato a Santa Maria Assunta, il Monastero di Cairate risale alla prima metà dell’VIII secolo. La sua fondazione avvenne nel 737 per volere della leggendaria nobildonna longobarda Manigunda che, per onorare una grazia ricevuta, promosse la realizzazione di un monastero benedettino femminile. Più verosimilmente si deve la sua edificazione al cattolico re longobardo Liutprando, che ne ordinò la costruzione in un terreno già interessato da antichi insediamenti di epoca romana. Oltre ad essere un importante centro di consolidamento e diffusione della cultura benedettina, il monastero, assoggettato alla giurisdizione del vescovo di Pavia, divenne ben presto il fulcro di una florida ed estesa proprietà fondiaria. Tale ricchezza era indubbiamente legata anche alla proprietà di alcuni mulini, gli unici in zona dove era possibile la macinatura del grano. A riprova dell’importanza economica ma anche e soprattutto politico sociale acquisita dal monastero, si narra che qui venne ospitato l’imperatore Federico Barbarossa la notte precedente la celebre battaglia di Legnano. Con il trascorrere dei secoli, in seguito ad un sempre maggiore potere e prestigio, il monastero subì profonde ristrutturazioni. Lo splendido chiostro, giunto fino a noi perfettamente conservato, venne realizzato nel XV secolo nel piano inferiore e nel XVIII secolo in quello superiore. La chiesa monastica si trova nel lato meridionale del chiostro, originariamente divisa in tre navate risale al XVI secolo. Gli interni del monastero erano riccamente decorati. Notevoli gli affreschi presenti nella cosiddetta “stanza della musica” commissionati sul finire del XVI secolo dalla nobile e potente badessa Antonia Castiglioni che utilizzava l’ambiente come stanza privata. Di grandissimo pregio il ciclo di affreschi dedicato all’Assunta, databile al 1561 e attribuito ad Aurelio Luini, figlio di Bernardino celebre pittore di scuola leonardesca. L’ingresso al complesso del monastero è delimitato da un sontuoso arco settecentesco decorato con le statue della Madonna Assunta e di due angeli ai lati. E’ presente inoltre un cartiglio che celebra la fondazione di questo luogo di culto da parte di Manigunda “regina dei Goti”. Quest’ultimo termine un tempo definiva genericamente tutti i popoli di stirpe germanica. La leggenda di Manigunda, il cui spettro sembra tutt’ora aggirarsi tra le sale del monastero, risale al XV secolo, periodo in cui, a seguito degli scavi per i lavori di ristrutturazione, fu scoperto un sarcofago in granito di epoca altomedievale contenente i resti di una donna di stirpe longobarda. Era stata sepolta con un corredo funebre talmente prezioso, da essere ritenuto (erroneamente) degno di una personalità di rango reale. Il monastero fu soppresso nel 1799 e, dopo un lunghissimo periodo di decadenza e rovina, venne recuperato a partire dagli anni ’60 del secolo scorso divenendo di proprietà interamente pubblica solamente nel 1996. Le sue sale ospitano un importante museo archeologico i cui reperti testimoniano un lungo percorso temporale che parte dall’età romana e tardo antica per arrivare al Rinascimento, passando attraverso il periodo alto medievale e romanico. Di particolare interesse lo spazio che custodisce “le sepolture privilegiate”, ovvero le tombe, rinvenute nella originaria necropoli tardo antica, contenenti i resti di un nucleo famigliare aristocratico di stirpe longobarda. Sono databili tra il VI ed il VII secolo. Di grande interesse la tomba composta da lastre di pietra riutilizzate di epoca romana. Il coperchio, anch’esso in pietra, presenta infatti in rilievo una particolarissima croce astile terminante in tre braccia a formare una base triangolare (“Un monastero nei secoli Santa Maria Assunta Cairate – Scavi e ricerche” di Valeria Mariotti). Nel territorio di Varese è riscontrabile anche nel parco archeologico sul retro della basilica di Castelseprio. Ma un’altra possibile interpretazione di questa misteriosa croce è che possa trattarsi di una forma stilizzata di crocifisso in forma di Algiz, lettera dell’antico alfabeto runico diffuso tra i popoli germanici. Nella mitologia di queste popolazioni l’Algiz aveva una connotazione magico esoterica molto potente. Per approfondire la tematica della croce in forma di Algiz vi suggeriamo l’articolo “La straordinaria storia del Volto Santo di Vallecupola” pubblicato sul sito sabinamagazine.it nel quale è presente un intervento della restauratrice Micaela Amelio. In una sala espositiva è inoltre custodito il presunto sarcofago appartenuto alla leggendaria regina Manigunda.
Si ringrazia la pro loco di Cairate per il prezioso contributo alle nostre ricerche riguardanti la tomba longobarda in pietra con coperchio ornato da croce astile.
In copertina "Isotta principessa dei Celti", di Gaston Bussière, 1911
Crediamo che questo splendido dipinto sia assolutamente perfetto per dare un volto alla regina Manigunda.
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