"Le vesti si trasformano in pelo, le braccia in zampe: diviene lupo, ma della forma antica serba tracce. Mantiene il grigiore dei peli, uguale la furia del volto, uguale il lampo degli occhi, e l'espressione feroce" Ovidio (Metamorfosi)
Il Salento, terra antichissima, è ricco di lugubri leggende che traggono origine da angosce ancestrali. Tra queste spicca la credenza popolare nei lupi mannari (dal latino lupus hominarius) o licantropi. Per la verità non solo il Salento, ma l'intera Puglia, è terra di lupi mannari. Sembra addirittura che il mito dell'uomo che nelle notti di luna piena si tramuta in lupo famelico si sia sviluppato proprio in queste terre. Narra la leggenda che Licaone, re dell'Arcadia, tramutato da Zeus in lupo per punirne la sacrilega e sanguinaria efferatezza, si rifugiò nelle coste pugliesi assieme ai figli Enotro e Peucezio, anch'essi colpiti dalla maledizione lanciata dal padre degli dei dell'Olimpo. Una volta raggiunta la costa italica, mantenendo la doppia natura umana e bestiale, fondò le colonie che diedero origine ai popoli chiamati Enotri e Peucezi. La licantropia sappiamo oggi essere una rara e gravissima patologia mentale, ma nell'antichità, soprattutto tra i popoli dell'area mediterranea, era vista come opera di una maledizione o di una possessione da parte di spiriti maligni. A partire dal Medioevo a tutto il XVII secolo, il licantropo era ritenuto un dèmone e pertanto gli sventurati accusati di "mannarismo" finivano condannati al rogo. Nelle antiche superstizioni contadine pugliesi si credeva che i maschietti nati nella notte tra il 24 ed il 25 dicembre fossero potenziali licantropi. Era considerato infatti sacrilego nascere in quella santa notte. Per esorcizzarne il maleficio, i bambini venivano addirittura marchiati con tizzoni ardenti segnando una croce sul palmo di un piedino! A Lecce, il cui nome latino non a caso era Lupiae, era usanza per liberare il neonato dalla possibile maledizione, salire a mezzanotte sul tetto di casa urlando al cielo "è nato nu' stregone alla casa mia!". Sempre nel Salento, durante le torride estati che costringevano le persone a dormire sull'uscio di casa o addirittura all'aperto, si credeva che le pericolose aggressioni dei lupi mannari potessero essere ancora più frequenti, soprattutto verso le giovani donne con le mestruazioni e i fornai, che erano praticamente gli unici a girare nelle ore notturne. La superstizione popolare immaginava i lupi mannari dal pelo nero vittime di maledizione paterna, quelli con il pelo grigio materna e quelli dal pelo rosso colpiti da una potente fattura. I licantropi neri giravano furiosi per i cimiteri dissotterrando i cadaveri, i grigi attaccavano le greggi sbranando le pecore incinte, mentre i rossi insidiavano le ragazze al primo mestruo. Molti e fantasiosi erano i metodi per sconfiggere i presunti licantropi che terrorizzavano le campagne. Il più cruento consisteva nel ferirlo alla fronte. L'abbondante fuoriuscita di sangue avrebbe permesso di liberarlo dal malefico influsso che lo possedeva. Quasi in ogni paese vi era inoltre una sorta di "esorcista" che, assistito da un "mésciu bbinitìttu" (maestro benedetto), praticava complicati rituali magico-religiosi per liberare gli sventurati creduti lupi mannari.
In copertina "Lupo al chiaro di Luna" di Frederic Remington, 1909
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