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Cappella dei Martiri, Cattedrale di Santa Maria Annunziata, Otranto (LE)


“Se saremo uccisi, moriremo da martiri; e se vinceremo, vivremo da eroi”

Kahlil Gibran



Posizionata su un’altura che domina la città, la Cattedrale di Otranto fu edificata nella seconda metà del XII secolo, durante la dominazione normanna, sui resti di insediamenti di epoca messapica, romana e paleocristiana. La consacrazione risale all’agosto dell’anno 1088, officiata dal Legato Pontificio Roffredo arcivescovo di Benevento, sotto il papato di Urbano II. E’ uno splendido esempio di architettura romanica pugliese nella quale si fondono elementi bizantini e paleocristiani. Sbalorditivo il celebre mosaico pavimentale. Venne realizzato tra il 1163 ed il 1166 dal chierico Pantaleone, monaco basiliano dell'Abbazia di San Nicola di Casole, su commissione dell'arcivescovo di Otranto Gionata, che resse la diocesi idruntina dal 1163 al 1195. Le tematiche spaziano dalla narrazione biblica alla mitologia classica, passando per l'epica medievale carolingia e bretone. Il mosaico, nella sua quasi totalità, è giunto sino a noi in condizioni eccezionali. Rappresenta a tutti gli effetti un autentico compendio della conoscenza medievale. Nell’agosto del 1480, quando a seguito di un lungo assedio, i Turchi, guidati dallo spietato Gedik Ahmet Pascià conosciuto come Giacometto, conquistarono la città, la cattedrale fu teatro di una strage spaventosa. Centinaia di cittadini inermi rifugiatisi nella chiesa, furono decapitati per essersi rifiutati di convertirsi all’Islam e pochi giorni dopo, sul colle della Minerva, subirono medesima sorte quelli fatti prigionieri. Otranto e le località circostanti subirono un feroce saccheggio. Successivamente a questo scempio la cattedrale venne riconvertita a moschea e gli affreschi trecenteschi distrutti. Gli invasori risparmiarono solo una raffigurazione della Vergine in quanto madre di Gesù, ritenuto dai musulmani un profeta. Solo a seguito della definitiva liberazione di Otranto, avvenuta nel settembre del 1481 ad opera di Alfonso d’Aragona, la cattedrale tornò alla sua funzione di tempio cristiano. Nel 1482 a memoria della carneficina perpetrata dai Turchi, venne edificata nell’abside di destra, per volontà di Ferdinando I (Ferrante) d’Aragona, la Cappella dei Martiri. Nel 1711 a seguito della loro beatificazione, proclamata da papa Clemente XIV, questo luogo sacro fu completamente ristrutturato in stile barocco e i resti dei martiri, custoditi nella cripta della cattedrale, furono esposti al culto dei fedeli. La visione è davvero impressionante. In sette grandi armadi di legno, protette da teche di vetro, sono infatti esposte le ossa di oltre ottocento vittime di quel massacro; sono i resti dei “Santi Antonio Primaldo e compagni” più comunemente conosciuti come Santi Martiri d’Otranto, trucidati sul colle della Minerva per non aver abiurato il Cristianesimo. Dietro l’altare è inoltre custodita la “pietra del martirio”, sulla quale secondo tradizione avvennero le decapitazioni. Si narra che durante la strage sul colle della Minerva il popolano Antonio Pezzulla, detto Primaldo, di professione tessitore, esortando i propri compagni di sventura a non rinnegare la fede in Cristo, fu il primo ad essere decapitato ma il suo corpo rimase miracolosamente dritto in piedi finché l’ultimo dei prigionieri non fu ucciso. Sempre secondo la narrazione tradizionale, uno dei carnefici turchi, un certo Berlabei, profondamente scosso da quella visione e sconcertato dall’incrollabile fede dimostrata dagli idruntini anche di fronte al supplizio, preso dal rimorso si convertì al Cristianesimo abiurando pubblicamente la religione mussulmana. Fu per questo trucidato dai suoi stessi compagni. Le ossa di circa altri duecentocinquanta idruntini massacrati dai Turchi vennero trasferite nella chiesa di Santa Maria Maddalena, poi detta appunto “dei Martiri”, a Napoli. Successivamente vennero traslate nella chiesa di Santa Caterina a Formiello, sempre nel capoluogo partenopeo.



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